Giuseppe Piermarini
Giuseppe Giorgio Pietro Baldassarre Piermarini nasce a Foligno, il 18 luglio 1734, da una famiglia di agiati negozianti. Sappiamo che il folignate studiò da giovanissimo le scienze, in particolare quelle esatte, come la meccanica. Egli passa il suo tempo a disegnare macchine, ad inventare serrature, lucchetti e “razzi di tanta grandezza che dagli abitanti dei vicini paesi furono creduti straordinarie meteore” (Scarpellini, 1908). Sono questi gli unici dati storici relativi all’architetto in questa prima fase della sua vita. La tradizione biografica distingue, per l’artista, due periodi di apprendistato a Roma: uno tra il 1756 e il 1757 e un altro tra il 1763 e il 1764. Nel 1756 il Piermarini è alla scuola dell’architetto senese Paolo Posi e le esercitazioni dalle sue opere lo mostrano intento a rielaborare un lessico barocco che lascerà poche tracce nella sua formazione. L’opportunità di entrare nello studio del Murena, nel 1757, significò per il Piermarini l’assorbimento nella cerchia vanvitelliana a stretto contatto con gli insegnanti e gli allievi dell’Accademia di San Luca. In questa seconda fase dell’apprendistato romano prevalsero in Piermarini interessi accademici, orientati in modo particolare alla lettura metodica dei grandi maestri Murena e Vanvitelli. I disegni della raccolta folignate, riferibili a questo periodo, riproducono le costruzioni di grandi architetti barocchi: Bernini, Rainaldi, ma soprattutto Borromini e Pietro da Cortona. Grandi tavole acquarellate descrivono gli edifici, mentre interi apparati curano con precisione i dettagli. L’eccellente architetto viene ben presto notato dal Vanvitelli che lo chiama alla sua scuola e quindi lo vuole con sé, come aiuto, a Caserta, dove sta realizzando per i Borboni di Napoli una splendida Reggia monumentale. Il Filippini, biografo del Piermarini, analizzando il rapporto di questi con la “fabrica” della Reggia di Caserta, attribuisce al folignate un ruolo di “sopraintendente” ai lavori che non ebbe. Il confronto di Giuseppe con il cantiere, secondo i biografi successivi, va considerato invece come “ un’esperienza esclusivamente didattica […] mediazione solo conoscitiva […] ma illuminante per la comprensione della complessa articolazione di linguaggio e di riferimenti , della sintassi vanvitelliana”. Nell’aprile del 1769 si reca a Milano insieme al Vanvitelli chiamato per la ristrutturazione del Palazzo Ducale. Respinti i disegni vanvitelliani, l’incarico di riforma del palazzo fu affidato al Piermarini, architetto non ancora affermato ma che il 13 novembre dello stesso anno viene nominato Imperial Regio Architetto. L’artista folignate diviene così arbitro del volto architettonico della Lombardia sia nel campo pubblico che privato. Sono questi gli anni in cui il suo lavoro lascia tracce indelebili di quella magnificenza civile che ancora oggi è possibile percepire in certe zone del centro e nella periferica Villa Reale di Monza. Nel 1776 è professore di architettura superiore dell’Accademia di Brera ed è questo l’anno in cui si diede corso alla costruzione del Teatro Grande alla Scala. Giuseppe Piermarini concepisce la Scala in poco tempo e la realizza in poco più di un anno e mezzo. E’ un teatro unico al mondo per le soluzioni adottate e per l’acustica perfetta. Alla Scala seguono il piccolo Teatro della Canobbiana a Milano, il Teatro di Monza e quello di Mantova. I progetti degli anni successivi saranno tutti finalizzati ad una riqualificazione dell’assetto architettonico di alcune città del territorio lombardo-emiliano. Il 2 agosto 1788 è a Foligno per occuparsi delle vicende edilizie del Duomo, in seguito torna a Milano e nel 1792 realizza gli Apparati per i funerali di Leopoldo II. Nel 1798 giura fedeltà alla Repubblica Cisalpina. A maggio si dimette da Brera per poi stabilirsi definitivamente a Foligno; qui esegue alcuni lavori nella Cattedrale della città, ma di nuovo riprende i suoi interessi giovanili: la scienza e la meccanica. Il 18 febbraio 1808 muore nella serenità della sua città natale. Il genio di Giuseppe Piermarini ci mette di fronte ad un’idea di architettura come invenzione e creazione nella quale si armonizzano bellezza e funzionalità in un deciso carattere neoclassico. Foligno, sua città natale, conserva gelosamente un’ampia raccolta di disegni e carte manoscritte dell’artista nella Biblioteca Comunale. Piermarini, “concittadino” e “parente” – come lo definisce M. Faloci Pulignani (Discorso, 1908) – lascia a Foligno anche due importanti zibaldoni, testimonianza di una mente eclettica nata in una piccola città dello Stato pontificio. |